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Speciale “Premio Tatiana Pavlova” 2016 - Premiata Svetlana Zakharova
Tat'jana Pavlovna Pavlova, in Italia 10 . 12 . 1890 – Grottaferrata, 7 .11, 1975) è stata un'attrice, regista e docente russa naturalizzata italiana. A seguito della rivoluzione abbandonò Mosca, stabilendosi dapprima a Parigi, e recitando a Odessa e Costantinopoli. studiava italiano e dizione con Cesare Dondini[2] e Carlo Rosaspina. Nel 1923 fondò una compagnia teatrale a proprie spese, la quale debuttò al Teatro Valle di Roma in Sogno d'amore di Kossorotov
Riprese anche l'attività cinematografica, interpretando tra l'altro La signora di tutti. Dopo la guerra la Pavlova diradò sempre più le sue apparizioni di attrice. Nel 1946 interpretò il ruolo della madre in Zoo di vetro di Tennessee Williams per la regia di Luchino Visconti. In seguito si dedicò soprattutto alla regia di opere liriche.
La sua ultima apparizione cinematografica fu nel ruolo di un'insegnante di recitazione in Io la conoscevo bene del 1965. Scomparve nel 1975 all'età di 81 anni, nella casa di riposo Villa Letizia di Grottaferrata (nella quale si era ritirata da tempo) a causa di un attacco cardiaco Per molti anni visse a Milano nella villa fattasi costruire in via Monterosa (oggi un hotel). Nel 1938 convolò a nozze con lo scrittore e gerarca fascista Nino D'Aroma: la notizia fece scalpore, poiché l'attrice aveva già 47 anni - un'età, all'epoca, considerata avanzata per una donna in procinto di andare all'altare - tanto che Giovanni Papini, quando seppe la Pavlova stava per sposarsi, esclamò: "E chi è l'antiquario che se l'è presa?"[4].
Filmografia parziale La catena, regia di Alessandro Rosenfeld (1920) Creature della notte, regia di Amleto Palermi (1934) La signora di tutti, regia di Max Ophüls (1934) Una lettera all'alba, regia di Giorgio Bianchi (1948) Gli spadaccini della serenissima, regia di Gregory Ratoff (1949) Ménage all'italiana, regia di Franco Indovina (1965) Il morbidone, regia di Massimo Franciosa (1965) Io la conoscevo bene, regia di Antonio Pietrangeli (1965) Prosa televisiva RAI Pane altrui di Ivan Turgenev, regia di Tatiana Pavlova, trasmessa il 22 giugno 1956. I dialoghi delle carmelitane di Georges Bernanos, regia di Tatiana Pavlova, trasmessa il 2 novembre 1956. L'ufficiale della guardia di Ferenc Molnár, regia di Tatiana Pavlova, trasmessa il 7 dicembre 1956. Papà Eccellenza di Gerolamo Rovetta, regia di Tatiana Pavlova, trasmessa il 18 ottobre 1957. Congedo di Renato Simoni, regia di Carlo Lodovici
Татьяна Павловна Павлова, Италия 10 . 12 . 1890-Гроттаферрата, 7 .11, 1975) была русской натурализованной актрисой, режиссером и преподавателем. После революции он покинул Москву, поселившись сначала в Париже и выступая в Одессе и Константинополе. он изучал итальянский язык и дикцию у Чезаре Дондини[2] и Карло Розаспина. В 1923 году он основал театральную труппу за свой счет, которая дебютировала в театре Валле в Риме в "мечте о любви" Коссоротова
Он также возобновил кинобизнес, сыграв, среди прочего, леди всех. После войны Павлова все чаще становилась актрисой. В 1946 году она сыграла роль матери в стеклянный зоопарк Теннесси Уильямса для режиссера Лучино Висконти. Позже он посвятил себя главным образом постановке опер.
Ее последнее по��вление в кино было в роли преподавателя актерского мастерства в фильме "Я знал ее хорошо" 1965 года. Она исчезла в 1975 году в возрасте 81 года в доме престарелых Villa Letizia в Гроттаферрате (в который она давно ушла на пенсию) из-за сердечного приступа Много лет он жил в Милане на вилле фаттаси, построенной на Виа Монтероса (ныне отель). В 1938 году она обручилась с писателем и фашистским иерархом Нино Д'Арома: эта новость произвела фурор, поскольку актрисе было уже 47 лет - возраст, в то время считавшийся преклонным для женщины, собирающейся пойти к алтарю, - настолько, что Джованни Папини, узнав, что Павлова собирается выйти замуж, воскликнул: "А кто антиквар, который взял ее?"[4].
Частичная фильмография Цепь, режиссер Алессандро Розенфельд (1920) Существа ночи, режиссер Гамлет Палерми (1934) Леди всех, режиссер Макс Офюльс (1934) Письмо на рассвете, режиссер Джорджо Бьянки (1948) Мечники Серениссимы, режиссер Грегори Ратофф (1949) Ménage all'italiana, режиссер Франко гадает (1965) Il morbidone, Режиссер Массимо Франсиоза (1965) Я знал ее хорошо, режиссер Антонио Пьетранджели (1965) Телевизионная проза RAI "Чужой хлеб" Ивана Тургенева, режиссер Татьяна Павлова, эфир 22 июня 1956 года. Диалоги кармелиток Жоржа Бернаноса, режиссер Татьяна Павлова, эфир 2 ноября 1956 года. Офицер гвардии Ференца Мольнара, режиссер Татьяна Павлова, передана 7 декабря 1956 года. Папа превосходство Джероламо Роветта, режиссер Татьяна Павлова, эфир 18 октября 1957 года. Отпуск Ренато Симони, режиссер Карло Лодовичи
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ODIO I GIORNALISTI SONO SENZA COSCIENZA INCOMPETENTI COME GLI PSICHIATRI
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“ Moby Dick è il romanzo a cui sono tornato più spesso. A ogni lettura mi sorprende la cialtronaggine, il genio imbroglione, la noia mortale di una costruzione romanzesca che non ha eguali. Appoggiato alla finestra qualche giorno fa mi chiedevo chi, oggi, sarebbe in grado di sopportare la noia di certi capitoli. Io! direi al professore. È la quarta volta che lo sopporto, me ne dia un’altra! Tagli di carne, squartamenti, spiegazioni dettagliate degli squartamenti; navi che passano sopra a banchi di pesci che ignorano i banchi di navi che si incontrano per urlarsi dietro offese e poi brindare assieme. Pesci che ignorano queste navi. Piccoli pesci sui fondali; ma anche enormi pesci sui fondali totalmente indifferenti alla monomania di Ahab, di Ishmael, di Stubb. Il cielo sopra di loro è indifferente ai loro dolori. Non c’è dolore in Moby Dick, né patimento. C’è solo l’enorme sofferenza degli esseri umani di fronte al buco nero della natura e del loro destino. L’esaltazione positivistica per il corpo della balena, per lo scheletro della balena, le sue misure, non è altro che il taglio perfetto della dismisura dei desideri degli uomini del Pequod, abbandonati per quarantotto mesi al largo delle coste di ogni continente per fare profitto, per portare a casa olio e spermaceti a costo della loro stessa vita, e a costo delle follie di un capitano che pianta una gamba sul ponte ogni notte per scrutare il mare e trovare il suo mostro, quel mostro che, quella gamba, gliel’ha portata via con un balzo, e che renderà orfani tutti. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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Silvana Mangano.
Filmografía
- Le jugement dernier (1945)
- L'elisir d'amore (1946)
- El delito de Giovanni Episcopo (Il delitto di Giovanni Episcopo), de Alberto Lattuada (1947)
- Gli uomini sono nemici (1948)
- Arroz amargo (Riso amaro, 1949)
- Il lupo della Sila (1949)
- Gli spadaccini della serenissima (Blc) (1949)
- Il brigante Musolino (1950)
- Anna (1951)
- Il più comico spettacolo del mondo (1953)
- Mambo (1954)
- L'oro di Napoli (1954)
- Ulises (Ulisse, 1954)
- Uomini e lupi (1956)
- La tempesta (1958)
- La diga sul Pacifico (This Angry Age) (1958)
- La Gran Guerra (1959)
-Crimen grandres de algemesi (1960)
- Jovanka e le altre (5 Branded Women) (1960)
- Il giudizio universale (1961)
- Barrabás (Barabba) (1962)
- Il processo di Verona (1963)
- La mia signora (1964)
- Il disco volante (1964)
- Scusi, lei è favorevole o contrario? (1966)
- Le streghe (1967)
- Edipo re (1967)
- Capriccio all'italiana (1968)
- Teorema (1968)
- Scipione detto anche l'africano (1971)
- Muerte en Venecia (Morte a Venezia, 1971)
- Il Decameron (1971)
- D'amore si muore nops (1972)
- Lo scopone scientifico (1972)
- Ludwig (1972) - Cosima Wagner
- Gruppo di famiglia in un interno (1974) - Marquesa Bianca Brumonti
- Dune (1984) - Reverenda madre Ramallo
- Oci ciornie (1987).
Créditos: Tomado de Wikipedia
https://es.wikipedia.org/wiki/Silvana_Mangano
#HONDURASQUEDATEENCASA
#ELCINELATELEYMICKYANDONIE
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Photo
Sul set di Sandokan, la Tigre di Mompracem (1963) di Umberto Lenzi, con protagonista Steve Reeves, al centro con le sue controfigure: il primo a destra è Giovanni Cianfriglia, incredibilmente somigliante al culturista americano e per questo suo abituale 'doppione' nelle scene d'azione; il primo a sinistra è Nazzareno 'Neno' Zamperla . Attore, stuntman e maestro d'armi, Zamperla appartiene ad una famiglia di lunga discendenza circense. Esordisce nel cinema come stuntman nel 1952 a 16 anni, facendo la controfigura di Frank Latimore nel film Capitan Fantasma. Entra poi nell'accademia dei Musumeci Greco, famiglia di storici spadaccini e primi maestri d'armi del cinema italiano impiegati da Blasetti già negli anni '30. Nel 1954 Robert Wise arriva a Roma per girare Elena di Troia e si porta dietro il celebre Yakima Canutt, attore e controfigura di John Wayne, dal quale Zamperla prende lezioni. Sul set di Arrivano i Titani (1962) di Duccio Tessari, conosce Giuliano Gemma : diventano amici e Neno insegna all'attore i giochetti con la pistola e le acrobazie nelle scene d'azione che Gemma, già acrobata e sportivo, eseguirà sempre senza controfigura.
#steve reeves#nazzareno zamperla#controfigure#stuntmen#sandokan la tigre di mompracem#culturisti americani#my scans
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“ Il male oscuro di Giuseppe Berto esce nello stesso anno di Frost, di Thomas Bernhard. Erano gli anni sessanta e la prosa di moda era per lo più sperimentale, poesia in prosa, tentativi di estenuare le ultime avanguardie, in Europa dico. Entrambi esordiscono in un anno difficile, presi tra ansie ideologiche e spinte neo-neorealistiche (come si diceva allora), con due romanzi curiosamente accordati vicendevolmente: poco drammatici, anzi per nulla; estremamente tragici, e furiosamente comici. L’italiano prenderà una strada poi raccolta da altri e non mantenuta. L’austriaco, invece, comincerà un attraversamento ossessivo delle sue compulsioni, dei suoi pensieri e dei suoi fantasmi, diventando uno dei più grandi scrittori del Novecento. Berto ogni cinque anni viene riscoperto, la gente compra la nuova edizione ma comunque alla fine non lo legge. Vi inviterei a raggiungere la vostra biblioteca, a prendere la copia che avete (lo so che ce l’avete) e a leggere le prime dieci pagine del Male oscuro. Un assoluto capolavoro di lirica, di tono e di equilibrio della dismisura. Con Berto si ride tanto, come con Bernhard, e si ride a denti stretti, ma si ride soprattutto col cervello. Bernhard diventa gigantesco per me quando ne scopro il teatro, ma è un dato biografico. Ma visto che non sto scrivendo un saggio va bene anche il dato biografico, no? “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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“ Avevo sedici o diciassette anni, lo ricordo perfettamente, e timidissimo giravo per le vie della città dopo la scuola con il libro che stavo leggendo al momento e che mi sarei portato in autobus, sottobraccio, ma con la copertina girata verso di me, in modo che risultasse invisibile al curioso. Il pudore e la timidezza si univano a una forma di vanità e di civetteria neanche troppo sottile, dalla grana grezza e grossa. Mi chiedevo se qualcuno si sarebbe mai chiesto cos’era quel tascabile Einaudi, o quel piccolo Adelphi, ragionavo domandandomi quello che altri avrebbero potuto domandarsi. Magari in quel modo mi sarei fatto un amico, o avrei conosciuto una ragazza. E se avessi portato in giro un libro di un formato appena più grande, uno di quelli che allora costavano caro, cosa si sarebbero chiesti?, mi chiedevo. Ora, se capita, la tengo dritta invece la copertina, dritta in faccia (cioè sul fianco, camminando) a chi vuole sapere cosa sto leggendo, se mai esiste qualcuno curioso di un tale piccolo particolare, perché ormai ho imparato che non interessa a nessuno, se non a quelli che ancora guardano le copertine dei libri per la pura curiosità di farlo. Ho imparato con gli anni a far cuocere la posa nel pragmatismo, e a dissolverla quanto più possibile. Più cultura, meno erudizione, come avrebbero detto i Romantici tedeschi. Ma, a ben vedere, no: meno erudizione e anche meno cultura. Tutto meno, o quasi. Meno posa, meno erudizione, meno cultura, meno pragmatismo – però più luce, amici, più luce. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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“ Quest’uomo di cui conosco solo il cognome e lo status di pensionato mi racconta di aver comprato un appartamento sopra a quello dove hanno abitato tutta la vita solo per metterci i suoi libri, che sono quasi ventimila. Vorrei darne via un po’, dice, stanno lassù a prender polvere e a marcire e non mi sembra giusto. Venga quando vuole, conclude. Subito!, dico io. E così ci troviamo in strada, io e lui, un pomeriggio d’inverno, in marcia verso una legione di ventimila volumi. Un ascensore per invalidi ci porta direttamente dentro al secondo appartamento, che lui, forse per umiltà o forse per la ragione che scoprirò dopo, non chiama mai biblioteca, come forse sarebbe opportuno, ma solo appartamento, anzi, l’appartamento. Gli unici mobili che potrebbero ricordare un appartamento, tuttavia, sono un grosso tavolo tondo da pranzo (pieno di libri in alte file) e un lungo divano da salotto (occupato per due terzi da enormi volumi d’arte e biografie di santi e politici del passato). Il resto della casa, che è grande, cinque stanze ampie, è occupato solo da scaffalature di legno chiaro con le ante a vetri e la serratura. È una raccolta splendida e molto varia, con centinaia di prime edizioni e di libri di pregio, intere collane e volumi in tiratura limitata di minuscole case editrici. Mi racconta che per un periodo di circa vent’anni non passava giorno in cui non comprasse un libro, e più spesso non era uno solo, ma cinque o persino dieci nei giorni di grande fame, ma che poi restavano lì, e il lavoro e la moglie e la suocera gli impedivano di leggerli. Ne ho letto qualcuno, mi racconta, qualche romanzo e dei saggi di storia, ma li ho presi con la promessa di leggerli tutti un giorno e adesso eccomi qui a venderli. Guardi: di Goethe, per esempio, ho tutte le opere in quattro edizioni diverse, e così di Shakespeare e di Leopardi, ma a parte L’infinito e il Werther non saprei dire cosa contengono. Gadda: ho le opere complete nella Spiga Garzanti e tutti i libri singoli in prima edizione, tutti comprati da librai come lei o da antiquari sparsi per l’Italia. Mai letto uno. Lì c’è tutta la Biblioteca della Pléiade Einaudi, completa: ho iniziato Chateaubriand ma poi mia suocera si è ammalata e non volevo portarmelo dietro in ospedale perché è un libro piuttosto raro, dice. In uno scaffale più basso che non avevo notato c’è la filosofia: da Platone a Wittgenstein. Ci sono testi che ho inseguito per anni senza avere i soldi o l’occasione per comprarli, testi classici con commenti di filosofi celebri e qualche prima edizione rara. Dimenticavo di dire, anche se forse si sarà capito, che tutti i libri erano – sono – perfetti, assolutamente come nuovi, proprio perché mai sfogliati. Questa biblioteca, sogno di ogni collezionista-lettore di libri del Novecento, è un monumento alla pigrizia e alla procrastinazione, una dichiarazione di amore e di fastidio. Guardandomi intorno, mi chiedo se forse questa raccolta non sia il risultato del lavoro di un suggeritore, perché davvero non riesco a capire come si possa conoscere la storia delle edizioni di così tanti libri senza minimamente avere idea di ciò di cui quei libri parlano. Di fronte alla collezione completa dei Centolibri di Longanesi, mi racconta una serie di aneddoti sui consulenti che l’avevano messa in piedi, sul numero esatto dei volumi in programma, sulle traduzioni, salvo poi alla fine confessare di averne aperti solo uno o due per controllare che non avessero segni. Ma, poi, la cosa che assolutamente mi lascia stupefatto è che quando arriva a dire mai aperto mai letto non so che sia non lo fa con tono dispiaciuto o rassegnato ma al contrario, quasi con orgoglio. Continuiamo a parlare per un’altra mezz’ora e lui, che ha una voce sottile e un accento emiliano fortissimo, mi porta in giro per le stanze e ogni tanto estrae un volume dagli scaffali e lo appoggia da qualche parte. È un uomo lento, anche nei ragionamenti, ma lo seguo senza fretta, e lo assecondo. Dentro di me spero, ma so che non sarà così, di portarmi a casa un bel po’ di belle cose, quelle che lui con quello strano orgoglio mi mostra, o non mi fa nemmeno vedere. Per esempio, un bellissimo Montaigne di Adelphi non me lo fa nemmeno toccare, salvo poi dire come sempre: ah, mai aperto, non so che sia. L’Estetica di Croce, prima edizione Laterza, me la sventaglia davanti al naso ma poi la ripone subito, e chiude la piccola anta di legno con la chiave. Io continuo a girare per l’appartamento e lo sento armeggiare di là. Non riesco a staccare gli occhi dagli scaffali, pieni dei libri che mi piacciono di più, e che non trovo mai. Nel frattempo, lui mi ha preparato alcune cose che vorrebbe vendere. C’è il Marx della NUE Einaudi (Il Capitale, 4 volumi in cofanetto), i Diari di Dostoevskij di Garzanti, i Quaderni di conversazione di Beethoven e diverse prime edizioni italiane. Cerco di prendere terreno, di portare via altro, ma lui è irremovibile: voleva vendere e ora, di fronte al fatto quasi compiuto, non vuole vendere più. Mia moglie per tutta la vita mi ha rimproverato per questa biblioteca, dice, mi ha sgridato ogni sera per vent’anni e per vent’anni mi ha tenuto il muso ogni volta che rientravo con un sacchetto di libri a casa. Ho dovuto prendere questo appartamento per non farmi vedere ed evitare così il conflitto quotidiano e i litigi, che mi snervano. Ma il problema è che questi libri marciranno, non li vorrà più nessuno, e mia moglie li butterà via quando sarò morto, e ormai, sa, non ho più molto tempo, nemmeno per leggere, e venire su costa fatica. Ma poi, diobono, quando mai leggerò La guerra del Peloponneso, le Lezioni di filosofia della storia, Guerra e pace? Ho anche un garage pieno di altri libri, li vuole vedere? “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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“ Maicol riunisce tutto quello che considera libro in un’area precisa del magazzino appena davanti alla porta, e l’impressione è quella di una totale disgrazia, di un mucchio di spazzatura accumulata senza ordine o logica. Alle mie spalle noto solo ora una vecchia toilette con lo specchio e le bacinelle crepate e lo smalto arrugginito ed eroso. Sotto di essa, un piccolo esercito di bambole di plastica senza occhi e vestiti sorveglia cieco notte e giorno quella piccola discarica di oggetti abbandonati e recuperati per essere venduti. Maicol ha l’aria del ragazzo buono di campagna, quello a cui nemmeno dieci anni in una grande città potrebbero scalfire le opinioni e le abitudini ormai cristallizzate. È più giovane di me, ma se dice che ormai sono quindici anni che raccoglie cose vuol dire che non ha finito la scuola o che non l’ha frequentata affatto, ma non sarebbe questo il punto. Quello che mi colpisce di lui, e che tradisce più volte durante la nostra visita, è una forma di calma indifferenza a tutto. Muove come un giocoliere la sua caterva di oggetti, di fronte a due potenziali acquirenti, con assoluto disinteresse: non gli importa che, mentre sposta un cartone facendolo strisciare sul pavimento, un fascicolo anni trenta del Touring Club va così completamente stritolato e strappato contro il cemento; così come non pare interessargli che in quel mucchio di manifesti ce ne siano anche due di Adriano Spatola, rarissimi, buttati a terra a prendere umidità. Non gli interessa, e non vuole interessarsene. Parrebbe quasi una forma di regressione, come se l’aver passato gli anni decisivi nella vita di un uomo a raccogliere gli scarti altrui avesse trasformato lui stesso in uno scarto, in un rottame da maneggiare senza cura e indifferentemente. Se penso a lui non riesco a immaginarmelo con degli amici, che so, a una serata in un ristorante chiacchierando del più o del meno; non riesco neanche a figuramelo mentre esce con una ragazza o la accompagna per qualche commissione. Se mi concentro su di lui, ora che è passata qualche settimana da quell’unica volta in cui ci siamo incontrati, riesco chiaramente a vedere il suo stato di assoluta solitudine ed estraniamento: non ci sono amici per lui, o una compagnia di frequentazioni, o dei genitori da cui tornare nei momenti di difficoltà, ma solo clienti, quelli da cui preleva gli oggetti che andrà ad ammucchiare e quelli ai quali li venderà. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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“ Non avevo idea di come si vendessero i libri, né di come si potessero convincere i clienti (per me, che sono infantilmente timido e fin troppo riservato, lavorare con il pubblico era sempre stata un’opzione fuori dai possibili) a continuare a venire qui. Quasi da subito, però, vedevo arrivare persone che non avevo mai visto in giro, e di cui ignoravo l’esistenza: vecchi professori tossicomani di prime edizioni, trentenni segreti al mondo appassionati di scienze e filosofie che anch’io avevo amato o stavo scoprendo proprio ora. E tornavano. Per chiacchierare e per prendere qualche libro. Ma è davvero così facile?, mi chiedevo. Si tratta davvero solo di parlare con loro dei nostri comuni amori, e di parlarne fino ai limiti del ridicolo? Evidentemente bastava questo. Poi, talvolta, qualcuno dei clienti più giovani mi rivolgeva la domanda fondamentale a cui nessuno pensa mai: ma da dove vengono tutti questi libri? Inizialmente dicevo ridendo che all’ora di chiusura mi bastava lasciare aperta di un filo la porta d’ingresso o uno dei finestroni per ritrovarmeli tutti qui la mattina dopo, come se avessero percorso le strade buie della mia città, tutti ordinati e in fila, verso il negozio che li avrebbe salvati dal destino tragico del cassonetto della carta. Ma era una risposta sviante e improvvisata, e dunque superficiale e sciocca. Purtroppo, la realtà era ben più triste e prosaica, ma non meno meritevole di essere raccontata, e quella domanda continuava a girarmi in testa, notte e giorno, quasi fosse una domanda teologica fondamentale. Da dove arrivano, dunque, tutti questi libri che a intervalli irregolari vengono a riempire i miei scaffali per poi trasmigrare su altri scaffali? L’esperienza mi ha fatto conoscere che il più delle volte vengono dalla morte e dal dolore, dalla rabbia, dall’inimicizia e dal bisogno di oblio verso una persona, o dalla disperazione e dalla delusione per la vita. Il più delle volte, insomma, questo carico di bellezza viene dal male, come non diversamente quella stessa bellezza che riempie le loro pagine a suo tempo è venuta dal dolore e dal male. Sono piccole storie, ma ho pensato che raccontarle potesse fermarle per un attimo sulla superficie della nostra terra, prima che il tempo le spazzi via definitivamente e una volta per tutte. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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